Nuove regole sul pignoramento per IMU e TARI: chi rischia e cosa cambia con il decreto

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Un’importante novità normativa potrebbe modificare il sistema di riscossione dell’IMU (Imposta Municipale Unica) e della TARI (Tassa sui Rifiuti) 

Il nuovo decreto, attualmente in fase di approvazione, punta a rendere più rapide ed efficaci le procedure esecutive per chi non versa questi tributi nei tempi previsti.

Vediamo nel dettaglio cosa  prevede la normativa e quali saranno le conseguenze per i contribuenti. 

Le novità del decreto sul pignoramento per IMU e TARI 

L’obiettivo principale della nuova regolamentazione è accelerare il recupero delle somme dovute ai  Comuni. Tra le modifiche più significative, spicca la riduzione dei tempi per l’avvio del pignoramento dei beni.  

Se finora i Comuni dovevano attendere fino a 180 giorni prima di intraprendere azioni esecutive con l’entrata in vigore del decreto questo periodo verrà ridotto a soli 60 giorni, velocizzando  notevolmente le operazioni di recupero crediti. 

Inoltre, il provvedimento introduce anche una revisione delle sanzioni per chi omette la  dichiarazione o fornisce informazioni errate sui tributi dovuti. Le sanzioni per omessa dichiarazione  verranno fissate al 100% dell’importo dovuto, mentre per le dichiarazioni infedeli la penalità scenderà al 40%, rispetto agli attuali valori compresi tra il 50% e il 100%. 

Chi rischia il pignoramento? 

Con il nuovo decreto, i contribuenti che non rispettano le scadenze di pagamento per IMU e TARI  potrebbero essere soggetti a procedure esecutive più celeri. I debitori con importi rilevanti in  sospeso potrebbero subire il pignoramento di conti correnti, stipendi o pensioni, nei limiti previsti  dalla legge. Nei casi di debiti più ingenti, i Comuni potranno avviare il pignoramento di beni mobili  registrati, come automobili o motocicli, fino ad arrivare, nei casi più gravi, al sequestro di immobili. 

Attualmente, i contribuenti hanno un margine di tempo relativamente ampio prima di incorrere in  azioni esecutive.  

La normativa vigente impone un’attesa di 180 giorni tra la notifica dell’avviso di accertamento e l’avvio del pignoramento. Questo sistema permette ai cittadini di mettersi in regola senza subire  conseguenze immediate. Tuttavia, i ritardi nelle riscossioni creano problemi di liquidità per gli enti  locali, motivo per cui il nuovo decreto mira a ridurre sensibilmente i tempi, portandoli a soli 60  giorni. 

Sanatorie e agevolazioni per regolarizzare i debiti 

Il provvedimento introduce anche strumenti per favorire il pagamento dei tributi arretrati. I Comuni  potranno offrire sanatorie che prevedono la riduzione o l’eliminazione degli interessi di mora e delle  sanzioni, a patto che il contribuente versi le somme dovute entro un periodo stabilito, solitamente  non inferiore a 60 giorni dalla pubblicazione dell’atto. 

Parallelamente, anche le Regioni avranno la facoltà di attuare sanatorie per i tributi di loro  competenza, ad eccezione dell’IRAP, che continuerà a essere riscossa secondo le regole attuali.

Per chi ha accumulato debiti su IMU e TARI, è fondamentale regolarizzare la propria posizione  prima che scattino azioni esecutive. È possibile richiedere la rateizzazione delle somme dovute  contattando l’ufficio tributi del proprio Comune o aderire alle eventuali sanatorie disponibil 

Metodi di pagamento per IMU e TARI 

Esistono diverse modalità per effettuare il pagamento di questi tributi: 

  • PagoPA: sistema elettronico della Pubblica Amministrazione che consente pagamenti  digitali tramite carte di credito, addebiti bancari e altri strumenti online. 
  • Modello F24: usato per il pagamento dell’IMU, può essere compilato e presentato in banca,  presso gli uffici postali o tramite home banking. 
  • Bollettini postali: alcuni Comuni permettono il pagamento della TARI tramite bollettini  inviati a domicilio. 
  • Addebito diretto su conto corrente: opzione disponibile per la TARI in alcuni Comuni,  utile per evitare dimenticanze nelle scadenze. 

L’obiettivo del governo è di approvare il decreto entro la fine di febbraio, con successive discussioni in Parlamento e con le Regioni per eventuali modifiche prima del via libera definitivo.